Anchor Text: Cosa sono e come si usano

Gli anchor text sono dei tasselli fondamentali sui quali si poggia ogni strategia di link building che si rispetti. Se la link building è un’arte, i testi di ancoraggio sono le singole pennellate che la compongono.

In buona sostanza, si tratta delle porzioni di testo che clicchiamo per spostarci da una pagina all’altra, mentre navighiamo sul Web. Possono sembrare degli elementi di poco conto, ma in realtà fanno una differenza enorme fra una link building di successo e una strategia fallimentare. Vediamo insieme tutti i dettagli.

Cos’è l’anchor text?

Il testo di ancoraggio è l’insieme di parole che viene mostrato per presentare un collegamento ipertestuale. È utilizzato per dare maggiore contesto ai link che creiamo verso un altro sito, oppure ai link interni indirizzati a una nostra pagina.

La prassi vuole che gli anchor text siano resi più visibili agli utenti rispetto al resto del testo. I modi per evidenziare queste porzioni di testo sono diversi: potremmo utilizzare il grassetto e/o una sottolineatura, oppure fare in modo che il cursore del mouse si trasformi nella classica manina-simbolo della navigazione online.

All’infuori di queste formalità, è la sostanza che conta: il testo di ancoraggio deve essere legato (potremmo dire “ancorato”) a un collegamento ipertestuale chiaro e funzionante. Vediamo un esempio di anchor text in HTML:

<a href=”www.sito.com/pagina”> Testo di ancoraggio </a>

Il testo si pone dunque fra i due tag <a> e serve a dare un’anteprima di cosa troveranno gli utenti (e i bot) quando cliccheranno sul collegamento per atterrare in una nuova pagina, oppure per scaricare un file multimediale.

Fortunatamente, i migliori CMS permettono di aggiungere un link esterno con un semplice clic. Su WordPress, è sufficiente selezionare la porzione di testo che vorremmo trasformare in anchor e cliccare sul tasto Link; incolla nella barra di ricerca l’URL della risorsa che vuoi linkare e avrai creato un collegamento ipertestuale. Un testo di ancoraggio poco pertinente con il collegamento ipertestuale rende scontento chiunque:

  • Gli utenti potrebbero chiudere subito la pagina di arrivo e rimanere insoddisfatti dall’esperienza sul nostro sito, dato che li abbiamo forzati a cliccare dove non avrebbero voluto;
  • Googlebot e affini si renderebbero conto che qualcosa non torna, e in qualche caso estremo potremmo mettere a repentaglio il nostro bagaglio di autorevolezza.

Tipi di anchor text

Ipotizziamo di avere un blog che parla di animali domestici, e di inserire nel nostro articolo sui Border Collie un link a CosaMangiaFido, un sito contenente una pagina specializzata sull’alimentazione di questa razza canina.

Per dare maggiore contesto al nostro link esterno, possiamo scegliere fra diverse tipologie di testo di ancoraggio, ciascuna con le sue particolarità. Queste sono le più note:

  • Exact Match Anchor – Ancora esatta: Il testo di ancoraggio usa esattamente la frase chiave per cui la pagina di arrivo vuole posizionarsi nella SERP. Nel nostro caso, un buon esempio è “alimentazione del Border Collie”.
  • Partial Match Anchor – Ancora a riscontro parziale: Il testo di ancoraggio usa dei termini correlati alla keyword principale, come “alimentazione sana per Border Collie”.
  • Branded Anchor – Ancora di brand: Il testo di ancoraggio è il nome di brand della pagina di arrivo, nel nostro caso “CosaMangiaFido”.
  • URL Anchor / Nude Anchor – Ancora URL: Non è un vero e proprio testo di ancoraggio. Si tratta semplicemente del collegamento ipertestuale, copiato e incollato fra i tag <a>.
  • Generic Anchor – Ancora generica: Si tratta dei vari “Clicca qui”, “Per maggiori informazioni”…
  • Image Anchor – Ancora di immagine: Anche le immagini possono contenere un collegamento ipertestuale. In questo caso, l’utente dovrà cliccare sull’immagine per atterrare sulla pagina di arrivo. Spesso, nei tool di backlink analysis, queste ancore appaiono come “No Text”.

La scelta fra i vari tipi di anchor fa la differenza anche in ottica SEO, dato che il testo di ancoraggio è un fattore di ranking. Rispetto a un’immagine o a un’anchor generica, un’anchor a corrispondenza esatta può dare una scossa maggiore al posizionamento della pagina di arrivo. Non è tutto oro ciò che luccica, però…

Il fantasma della sovraottimizzazione

Le anchor a corrispondenza esatta sono anche note come “anchor manipolative”. Il termine non è casuale: rappresentano un tentativo di manipolare il ranking della pagina di uscita. Riprendiamo in mano l’esempio dello scorso paragrafo: il nostro blog vuole linkare CosaMangiaFido e usa un’anchor manipolativa come “alimentazione del Border Collie”.

Queste sono le informazioni che Googlebot trae quando passa dalla nostra pagina per indicizzarla.

  • La pagina di partenza è un sito che tratta di animali domestici.
  • Il bot nota un link a un altro sito, che probabilmente la pagina di partenza considera una fonte autorevole.
  • Googlebot legge il testo di ancoraggio che si accompagna al link. Ne trae che la pagina di arrivo si occupa della dieta dei Border Collie.
  • Una volta atterrato sull’altro sito, Googlebot ne ispeziona il contenuto, per vedere se è pertinente all’anchor text. Se va tutto bene, il bot fa un nodo al fazzoletto.
  • Dato che la pagina di CosaMangiaFido è stata citata come fonte autorevole su un tema, Google la proporrà più in alto nella SERP rispetto ad altre pagine.

Questo percorso così lineare ha caratterizzato per anni le attività di link building: per facilitare il posizionamento delle proprie pagine, molti webmaster richiedevano solo backlink con ancore manipolative. Questo gesto all’apparenza naturale è oggi molto rischioso, perché se abusato rientra fra le pratiche di sovraottimizzazione per una keyword.

Quando Google nota che una pagina viene linkata da decine di siti diversi, presta molta attenzione ai testi di ancoraggio. Se nota che gli anchor text corrispondono esattamente alle keyword per cui la pagina vuole posizionarsi, capisce subito che qualcosa non va, e che il profilo backlink della pagina non è naturale.

Se questa situazione si ripete su più pagine, c’è il rischio concreto di incorrere in una penalizzazione manuale, e di veder crollare il traffico organico al proprio sito. Per fortuna, esistono delle best practices che permettono di fare un ottimo lavoro con i testi di ancoraggio, senza rovinare il proprio posizionamento.

Come realizzare anchor text in ottica SEO

Per centrare il bersaglio, gli anchor text devono essere pertinenti alle pagine di arrivo. Attenzione, però: quando si parla di testi di ancoraggio, la linea fra pertinenza e sovraottimizzazione è tremendamente sottile.

Molti professionisti hanno quindi elaborato una ricetta per creare una SEO anchor text strategy a prova di bomba. A seconda dei casi specifici, una buona strategia ruota intorno a queste percentuali:

  • Il 70% degli anchor text deve essere composto da Branded Anchor;
  • Il 20% deve essere popolato da Ancore URL e loro variazioni (nomebrand.it, https:\\nomebrand.it e via discorrendo);
  • Il 5% è composto da Generic Anchor e immagini;
  • Il restante 5% va diviso fra anchor text a coda lunga e Exact Match Anchor.

Quindi solo due o tre anchor text ogni 100 devono avere la stessa keyword per cui vuole posizionarsi la pagina di arrivo. Incredibile, vero?

Il testo di ancoraggio va inoltre inserito in un contesto coerente e funzionale: di cosa parla il paragrafo in cui si troverà? Ci sono le condizioni per aggiungere un link in maniera naturale e soddisfacente per utenti e bot?

Spendiamo qualche parola anche sulla posizione del link. La pratica di inserire un link nel primo paragrafo di un articolo ha una sua logica: quando una pagina contiene più collegamenti ipertestuali, il link juice si trasmette in maniera diversa a seconda della loro collocazione. Più in alto è posto il link, più succo trasporta.

Tuttavia, questo ragionamento ha spesso giustificato una strategia di anchor text artificiale e poco lungimirante: pur di mettere un link in cima alla pagina, molti webmaster perdevano di vista il contesto semantico attorno ad esso, usando testi di ancoraggio poco pertinenti. Questa situazione rende scontenti sia gli utenti che i bot: ne vale la pena?

E per i link interni?

Nel caso dell’internal linking, le regole sono molto meno rigide. Non ci sono rapporti aurei fra anchor di brand e anchor manipolative, perché le conseguenze (e le punizioni) della manipolazione sono molto meno determinanti. Stavolta, l’unica cosa che conta davvero è la qualità dell’esperienza utente: dobbiamo utilizzare dei testi descrittivi, che diano a chi legge una chiara idea di cosa aspettarsi mentre scorre le nostre pagine.

Per garantire un’esperienza di qualità, dei buoni anchor text interni hanno le seguenti caratteristiche:

  • Invogliano gli utenti a cliccare sul link, fornendo qualche anticipazione su cosa troveranno nella pagina di arrivo.
  • Si trovano in un contesto semantico che li giustifichi, non in un inciso creato solo per inserire un link.
  • Usano poche parole efficaci, non intere frasi.

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