Riforma del copyright: cosa cambia e perché


Riforma del copyright: perplessità ne ha create molte, su questo non c’è dubbio. Eppure la riforma del copyright di risvolti positivi ne ha, sicuramente per tutti quelli che i testi li scrivono ogni giorno e che spesso li vedono pubblicati sulle piattaforme come Google e Facebook senza neanche una menzione. Ecco, il Parlamento Europeo, dopo 3 anni di accesi dibattiti, con 348 sì, 274 no e 36 astenuti, ha approvato la riforma esattamente per salvaguardare la libertà di espressione consentendo agli editori e ai creatori di notizie di negoziare con i colossi del web.

Insomma, fin qui tutto chiaro. Eppure questa direttiva sul diritto d’autore ha creato due fazioni: da un lato c’è chi difende il lavoro creativo come gli editori e la Siae e dall’altro i sostenitori della rete, chiaramente.

Definire la riforma del copyright una minaccia per la libera circolazione delle informazioni online (che è indubbiamente una caratteristica del web) sembra qualcosa di esagerato, considerato che nonostante tutti gli ostacoli che si dice comporti, questa direttiva va in contro a quello che è il diritto d’autore che non sempre viene rispettato, come se i contenuti ideati da altri fossero cosa comune. Sì, cosa comune lo sono ed è questa la forza del web, ma i diritti devono essere chiari, riconosciuti e sempre messi al primo posto. Detto questo, la riforma del diritto d’autore ha l’obiettivo di aggiornare una regolamentazione che risale a un testo del 2001, in modo da adeguare le norme a un mercato ormai profondamente cambiato dai tempi del primo e-commerce e a una realtà del web che non è più quella di una volta.

Riforma del copyright: cosa cambia con la nuova legge

La nuova direttiva approvata a Strasburgo introduce novità interessanti, in particolare l’attenzione è stata puntata su due di queste.

La prima è quella che riguarda la riproduzione online di contenuti editoriali, come gli articoli di giornale, che per essere ripubblicati online dalle piattaforme (Google su tutte) devono ricevere una remunerazione. Compenso, quindi, che Google verserà all’editore della testata che poi si prenderà il compito di versarlo all’autore del testo. Novità che è andata a modificare le norme già presenti nell’articolo 11.

La seconda grande novità riguarda nello specifico la pubblicazione online di contenuti coperti da copyright. In questo caso devono essere le piattaforme ad assicurarsi i relativi diritti e vigilare sui contenuti caricati dai clienti. Nello specifico le modifiche sono state fatte al già presente articolo 13.

La nuova legge, quindi, introduce una tassa sui link e un filtro sui caricamenti dei contenuti.

Tutte le nuove norme non si applicano a società con meno di tre anni di attività e con un fatturato inferiore ai 10 milioni.

Riforma del copyright: i motivi dello scontento

I principali motivi dello scontento a cui ha portato questa nuova riforma sono legati alla minaccia che si pensa possa comportare per la libera circolazione delle informazioni online. Fermandosi a una prima lettura della legge questa potrebbe sembrare la situazione reale, in realtà le cose stanno in un altro modo, meno nebuloso e preoccupante. Si tratta di un modo nuovo per cercare di rendere utile il web dando anche importanza al lavoro di chi ha fornito le notizie.

E, se la riforma del copyright non è corretta nella sua totalità, almeno è innegabile che i diritti degli autori che creano e realizzano i contenuti vengano presi in considerazione per una volta, anche di fronte a interessi dei colossi del web. Perché se il contenuto è il protagonista indiscusso di qualsiasi strategia di web marketing (come noi ripetiamo sempre!) riconoscere il valore di chi lo realizza non può passare in secondo piano.   

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