L’annuncio ufficiale di qualche giorno fa farà tirare più di un sospiro di sollievo: il Page Experience Update di Google, previsto originariamente a metà maggio 2021, slitterà a giugno e non diventerà pienamente effettivo prima di agosto.
Il cambiamento più significativo che verrà apportato da Big G è il fatto che i Core Web Vitals diventeranno ufficialmente un fattore di ranking, e contribuiranno al posizionamento di una pagina sulla SERP.
Ma cosa rappresenta questo cambiamento? Chi verrà premiato e chi dovrà faticare di più? Vediamo insieme le risposte a tutte queste domande.
L’importanza della User Experience
Questo aggiornamento non è certo una sorpresa: è da qualche anno che Google sta investendo sempre più tempo e risorse per spingere gli webmaster alla creazione di siti facili da navigare, ordinati e veloci.
L’obiettivo è quello di massimizzare la User Experience, cioè tutta quella serie di condizioni che rendono più semplice e fruttuosa l’interazione di un utente con un sito web. In sostanza, l’obiettivo è fare in modo che ci siano sempre più occasioni in cui un utente esclama “Oooh, questo sì che è un bel sito!”.
La questione non è solo estetica: per garantire una buona esperienza utente è necessario concentrarsi su alcuni aspetti tecnici di fondamentale importanza. Un “bel sito” ha dei contenuti che si caricano velocemente, permette di navigare senza essere disturbati da cambi di layout improvvisi, rende possibile cliccare sugli elementi interattivi senza intoppi.
È difficile dare una misura oggettiva alle sensazioni di un utente, ma Google ci dà una grandissima mano con una serie di parametri che prendono il nome di Core Web Vitals.
Cosa sono i Core Web Vitals
Si tratta di tre parametri fondamentali che aiutano i proprietari di siti web a farsi un’idea della qualità della User Experience fra le loro pagine. Ognuno di questi parametri si concentra su un aspetto specifico:
- La Largest Contentful Paint (LCP) aiuta a capire la velocità di caricamento dei contenuti.
- Il First Input Delay (FID) misura invece l’interattività dei contenuti.
- Il Cumulative Layout Shift (CLS) misura infine la stabilità visiva di un contenuto nella finestra visualizzata dall’utente.
Il termine “Core” deriva dal fatto che esistono molti altri parametri per misurare l’esperienza utente, ma questi tre sono i più rilevanti. Se riusciamo a tenerli sotto controllo, il nostro sito avrà più probabilità di soddisfare gli utenti.
Largest Contentful Paint (LCP)
La LCP misura l’intervallo di tempo necessario per renderizzare l’elemento più grande visibile above the fold, cioè nella primissima schermata che appare quando l’utente atterra sul sito. L’elemento che viene misurato può essere un’immagine, un video o un elemento di blocco che racchiude del testo.
L’assunto di base di questa metrica è che l’elemento più grande above the fold sia anche l’elemento più importante di tutto il sito, la prima cosa che l’utente vede senza avere ancora scrollato verso il basso. Un buon esempio può essere l’immagine di evidenza in un articolo, o il video di presentazione di un brand.
Per questo, la LCP è una misura che permette di capire quanto tempo i contenuti del sito impiegano a caricarsi. Ovviamente, più alto è questo intervallo temporale, più c’è da preoccuparsi. Se un utente infatti atterra su un sito e nota che i suoi contenuti non si caricano velocemente, lo abbandonerà all’istante.
Una famosa teoria di web design è la 3-second-rule: ogni pagina ha esattamente tre secondi di tempo per conquistare l’utente e trattenerlo sul sito. Se questi tre secondi si perdono nel caricamento delle immagini, ci troviamo davanti a una User Experience disastrosa.
La LCP è considerata buona se i contenuti più grandi impiegano meno di 2.5 secondi a caricarsi. Se il valore segna più di 4 secondi, occorre intervenire al più presto.
L’idea dietro alla LCP è quella di penalizzare contenuti estremamente invasivi, come banner pubblicitari di grandi dimensioni, immagini di apertura troppo grandi e finestre pop-up. Less is more!
Come migliorare una Largest Contentful Paint troppo elevata? Un buon inizio è rimuovere le immagini troppo grandi e pesanti, definire chiaramente nel codice le dimensioni dei video inseriti sul sito e affidarsi a un server di qualità, che abbia dei buoni tempi di risposta alle richieste del client.
First Input Delay (FID)
Il FID è un’ottima misura dell’interattività dei contenuti su un sito web. In sostanza, rappresenta il tempo impiegato dal browser a rispondere al primissimo input generato dall’utente sul sito. Questo input può essere il clic su un link o un pulsante, oppure l’interazione con un elemento dinamico in JavaScript.
L’assunto di base del FID è molto semplice: la prima impressione è quello che conta. In sostanza, viene simulato il primo contatto di un utente con gli elementi cliccabili di un sito: se il browser impiega troppo tempo a rispondere, l’esperienza dell’utente ne risentirà negativamente.
In questo caso non si parla di semplice velocità di caricamento. Quello che conta è anche la pulizia del codice, che se è sovraccarico di elementi richiamati dinamicamente causerà un importante peggioramento del FID.
Una pagina Web ha un buon First Input Delay quando l’intervallo di tempo per rispondere alle interazioni è sotto i 100 millisecondi. Se i millisecondi impiegati sono più di 300, la User Experience ne risente negativamente.
Per tenere basso il First Input Delay, occorre limitare al massimo le azioni che potrebbero “distrarre” il browser dalla richiesta che gli arriva dall’utente. Meglio non esagerare con il codice di terze parti (banner pubblicitari, pulsanti social) e con risorse JavaScript troppo pesanti.
Cumulative Layout Shift (CLS)
Il CLS misura invece la stabilità degli elementi visibili sulla pagina, intesa come assenza di spostamenti imprevisti. Molti siti soffrono di questa sindrome: ogni volta che scrolliamo sulle loro pagine succede qualche fastidioso cambiamento a livello di layout.
Quante volte è capitato di entrare su un sito e vedere i pulsanti che si spostano, il banner con la cookie policy che cambia dimensione e diventa impossibile da cliccare, le pubblicità che si teletrasportano esattamente nel punto in cui prima c’era una grossa X… Tutti questi elementi sono particolarmente frustranti per gli utenti, e contribuiscono a rovinare la loro esperienza su un sito.
Non è detto che ci sia della malizia dietro a queste situazioni. Molto spesso, i contenuti visibili non riescono ad adattarsi alle dimensioni dello schermo, e si riposizionano automaticamente in un altro modo per rientrarci.
A differenza degli altri due Core Web Vitals, il CLS è un coefficiente, non un intervallo di tempo. Il calcolo di questo parametro prende in considerazione due valori fondamentali, la componente di impatto e la componente di distanza. Si tratta di una formula piuttosto complessa, che potete trovare spiegata nel dettaglio qui.
Il valore ottimale di Cumulative Layout Shift è inferiore a 0,1. Se il punteggio supera 0,25 occorre intervenire.
Per migliorare il Cumulative Layout Shift, un buon inizio è dichiarare apertamente le dimensioni di immagini, video e contenuti embedded nel momento in cui vengono caricati sul sito. Un’altra buona pratica è evitare di posizionare dei contenuti multimediali esattamente sopra altri contenuti già esistenti (a meno che non sia una scelta voluta).
Come si osservano questi parametri?
Dato che la User Experience è sempre più cara agli occhi di Google, il colosso di Mountain View ha rilasciato nel tempo una serie di strumenti che aiutano gli sviluppatori a capire meglio le performance dei siti:
- PageSpeed Insights
- Lighthouse
- Chrome DevTools
- Chrome UX Report
- Web Vitals Extension
- Google Search Console
PageSpeed e Lighthouse sono i tool dall’utilizzo più immediato, e ci forniscono in pochi secondi tutti i valori numerici associati agli Web Vitals.
Anche la Google Search Console ci permette di osservare LCP, FID e CLS dei nostri siti. Scorrendo nella sidebar, troviamo il nuovissimo rapporto Esperienza con le pagine, che contiene una serie di indicatori di User Experience compresi gli Web Vitals esaminati finora.
Questo rapporto è stato introdotto poco tempo dopo l’annuncio del Page Experience Update, per rendere più semplice agli webmaster il lavoro di transizione verso un sito di ottima fattura.
C’è però un piccolo neo: tutti questi strumenti (PageSpeed, Lighthouse, la stessa Search Console) sono basati su Chrome User Experience (CrUX). CrUX è un dataset pubblico che raccoglie solo i dati di navigazione di chi ha acconsentito al trattamento.
I valori che leggiamo sono quindi utili a darci un orientamento e a farci capire se il nostro sito ha qualche problema da risolvere, ma non rappresentano una fotografia accurata al 100%. Fortunatamente, è la stessa Big G a suggerire alcune vie per oltrepassare questo ostacolo e avere accesso ai dati non filtrati di tutti gli utenti.
Cosa ci dice il Page Experience Update sui Core Web Vitals e la SEO
A partire dall’aggiornamento di giugno 2021, questi tre valori diventeranno un fattore di ranking, cioè contribuiranno anch’essi al posizionamento di un sito Web. Questo significa che, a parità di altri fattori, i siti con LCP, FID o CLS non sufficienti potrebbero trovarsi in una posizione peggiore rispetto ai competitor.
L’inciso è molto importante: “a parità di altri fattori”. Fin dal primissimo annuncio dell’Update, Google ha cercato di tranquillizzare tutti gli sviluppatori di siti. L’esperienza di pagina non avrà la priorità rispetto ad altri elementi tradizionalmente utilizzati per il ranking dei siti. Il contenuto continuerà a farla da padrone.
Anche la scelta di posticipare l’aggiornamento sembra muoversi in questo senso: l’obiettivo di Google è quello di creare un cambiamento graduale delle SERP, non una rivoluzione improvvisa.
Ad ogni modo, il Page Experience Update ci dà un segnale molto chiaro: l’esperienza provata dall’utente mentre naviga sui nostri siti è un aspetto da non sottovalutare mai.
Le altre modifiche in arrivo
Il Page Experience Update di giugno 2021 porterà con sé altre modifiche molto interessanti sulla SERP.
Anzitutto, AMP non sarà più un requisito necessario per far includere i propri articoli fra le Notizie Principali (Top Stories), in cima alla pagina dei risultati. Tutte le pagine avranno la possibilità di rientrare nella feature Top Stories, anche se non utilizzano questa tecnologia. Il Page Experience Update farà inoltre sparire la classica icona che appariva nello snippet delle pagine AMP.
Inoltre, nei prossimi mesi verranno testati dei nuovi segnali per evidenziare in SERP le pagine con una migliore esperienza utente, cioè con valori più elevati in termini di Core Web Vitals. Basterà un semplice scroll nella pagina dei risultati per capire da quali contenuti possiamo aspettarci una buona esperienza e quali invece andrebbero evitati.
L’obiettivo è quindi sempre quello di premiare pagine che sono di aiuto agli utenti, forniscono una buona esperienza, soddisfano i loro intenti di ricerca e sono sicure da navigare. Chi non seguirà queste regole, si prepari al maremoto in SERP!
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