Scopri come migliorare i tuoi Core Web Vitals per offrire un’esperienza utente ottimale e scalare il ranking su Google nel 2025.
Di anno in anno, i trend si rinnovano o si confermano: i Core Web Vitals sono il “cuore” della Page Experience. E il 2025 è l’anno in cui l’esperienza utente, già estremamente importante negli anni scorsi, è diventata sempre più preponderante, vero pilastro nella valutazione di un sito da parte di Google.
Dare poca importanza ai Core Web Vitals è un rischio che non si può correre, soprattutto perché si riflette sulla competitività del sito: scopriamo insieme cosa sono, come ottimizzarli e perché, di fatto, impattano sulla SEO.
Cosa sono i Core Web Vitals
Tra le metriche fondamentali per misurare la qualità dell’esperienza utente su una pagina web, i Core Web Vitals si compongono di tre elementi principali, ovvero LCP (Largest Contentful Paint), INP (Interaction to Next Paint) e CLS (Cumulative Layout Shift).
Questo insieme di metriche ha lo scopo, dunque, di restituire una metrica completa in merito alla User Experience, e si rifà sulle prestazioni di caricamento, sull’interattività e sulla stabilità visiva della pagina, come riportato da Google stesso, il motore di ricerca più usato al mondo (con una percentuale del 91,88%, dato aggiornato al 2024). Più nello specifico, le sigle che abbiamo visto prima indicano:
- LCP (Largest Contentful Paint): misura la velocità di caricamento;
- INP (Interaction to Next Paint): misura la reattività alle interazioni (dal 2024 ha sostituito FID);
- CLS (Cumulative Layout Shift): valuta la stabilità visiva.
Naturalmente è ancora una volta il motore di ricerca a suggerirci i parametri da prendere come punto di riferimento, nel caso dell’LCP, sappiamo che il punteggio non deve essere superiore a 2,5 secondi dal momento in cui l’utente inizia a caricare una pagina. Il tempo di attesa è un tasto dolente: gli utenti al giorno d’oggi sono sempre più impazienti. E non lo diciamo noi: la nostra soglia dell’attenzione si è inevitabilmente abbassata negli ultimi anni.
Semplicemente, sono gli utenti ad abbandonare le pagine che impiegano più di 2-3 secondi a caricarsi, aumentando il bounce rate (ovvero, la frequenza di rimbalzo) e riducendo il tempo medio di permanenza. Vale la pena ricordare a questo punto che un sito veloce migliora le conversioni: meno attese significa più interazioni e vendite. Lavorare sui Core Web Vitals significa fare un investimento strategico in termini di visibilità per il proprio business online.
Veniamo ora all’INP: questo parametro, che consente di misurare l’adattabilità, deve essere inferiore ai 200 millisecondi. Ancora una volta è la lentezza a essere condannata, se così possiamo dire: l’Interaction to Next Paint (INP) misura quanto velocemente una pagina risponde all’interazione dell’utente fino al momento in cui viene visualizzato il prossimo frame. Secondo Google, la soglia ottimale è di 200 millisecondi perché, oltre questo limite, l’utente percepisce lentezza e frustrazione.
Infine, c’è la Cumulative Layout Shift (CLS), il cui punteggio deve essere inferiore allo 0,1: solamente così è possibile garantire un’esperienza utente stabile e prevedibile, senza che la persona provi ancora una volta frustrazione o scarsa fiducia verso il sito appena aperto.
Perché i Core Web Vitals sono importanti per la SEO
Per la SEO 2025, i Core Web Vitals sono determinanti per l’ottimizzazione web: abbiamo visto che Google li usa nel momento in cui deve valutare quanto è user-friendly un sito, e di conseguenza lo premia nel ranking. Ma, oltre al ranking, dobbiamo osservare gli effettivi vantaggi di lavorare sui parametri citati.
Prima di tutto, un sito veloce, stabile e reattivo migliora l’esperienza dell’utente: le pagine si caricano rapidamente, rispondono prontamente agli input, la persona resta più a lungo sul sito, aumenta il tempo di permanenza e ci sono maggiori probabilità che i potenziali clienti possano interessarsi ad altri contenuti.
Se poi parliamo meramente di SEO, avere dei buoni valori significa dare un boost agli algoritmi stessi di Google, che riconoscono il sito come affidabile e di qualità, soprattutto nel momento in cui si lavora in mercati altamente competitivi.
Senza dimenticare l’importanza delle conversioni: se un sito si carica velocemente, se il layout risponde, se non ci sono interruzioni, il tasso di abbandono si riduce drasticamente. E magari l’utente completa l’azione desiderata, come iscriversi a una newsletter, acquistare un prodotto o compilare un form.
Possiamo, dunque, considerare il lavoro sui Core Web Vitals come una strategia win-win? Assolutamente sì.
Come misurare i Core Web Vitals
Per lavorare attivamente sui Core Web Vitals, possiamo usare numerosi tool, come PageSpeed Insights, che analizza i contenuti e consiglia delle attività da fare con lo scopo di migliorare la velocità e, di conseguenza, l’esperienza stessa. Viene considerato il primo strumento da usare.
Passiamo poi alla Google Search Console, con rapporto “Segnali Web Essenziali”: in questo modo possiamo farci un’idea più chiara prendendo come punto di riferimento i dati reali sugli utenti.
Servono anche Lighthouse e Web.dev: il primo è uno strumento open source che ci permette di migliorare la qualità delle pagine di un sito, il secondo uno strumento di diagnostica che permette di creare un sito web accessibile, veloce e sicuro.
Come migliorare i Core Web Vitals
Serve prima di tutto un approccio su misura: avere ben chiaro cosa suggerisce il motore di ricerca, conoscere gli strumenti per analizzare il sito ma anche decidere, passo dopo passo, gli interventi adatti per raggiungere l’obiettivo.
Si lavora su ogni parametro, quindi: per l’LCP, è preferibile appoggiarsi a un hosting veloce per ridurre la latenza del server e garantire tempi di risposta rapidi. Il secondo step? Indispensabile, ovvero l’ottimizzazione delle immagini con formati next-gen come .webp o .avif, più performanti rispetto a JPEG o PNG. Il terzo consiglio che diamo? Applicare un lazy loading intelligente, per velocizzare il rendering iniziale.
Passiamo agli interventi essenziali per l’INP: in tal caso è corretto minimizzare l’uso di JavaScript, così da evitare rallentamenti, per poi rimuovere il codice bloccante e suddividere gli script in moduli leggeri. Lo scopo? Alleggerire il carico complessivo e garantire un’esperienza utente veloce, sicura e affidabile.
Ci manca ancora il CLS: come possiamo migliorarlo? Meglio impostare sempre le dimensioni di immagini e video, evitare l’uso di banner, pop up o annunci che compaiono improvvisamente e alterano il layout e utilizzare font caricati in modo asincrono, con fallback locali, per ridurre i cambi di stile durante il caricamento.
UX e SEO: un matrimonio strategico
Oggi più che mai è chiaro il matrimonio strategico tra UX e SEO. Abbiamo visto fino a qui che l’esperienza utente non si basa sulla mera estetica: un sito bello da vedere che però non è funzionale, carica lentamente ed è poco chiaro non acquisisce valore agli occhi degli utenti e degli algoritmi dei motori di ricerca.
Di base dobbiamo ricordare che l’obiettivo è di offrire un sito semplice e intuitivo per gli utenti e al contempo interessante e affidabile oltre che autorevole per i motori di ricerca. Tra le best practices del web, dunque, troviamo tutti quegli interventi mirati a lavorare in sinergia con l’UX e la SEO.
L’UX incide sull’intento di ricerca, sulla soddisfazione dell’utente; di conseguenza, se un sito ottimizzato da mobile, ed è anche accessibile e intuitivo, è chiaro che ci sarà un netto vantaggio competitivo.
Bisogna prestare quanto mai attenzione a tutti quegli elementi che vanno a comporre il sito come il menu di navigazione, che deve trovarsi in una posizione standard e deve essere immediatamente visibile, e dobbiamo prestare grande attenzione alle barriere, perché nessuno vuole essere interrotto da un pop up o un elemento interstiziale.
Il consiglio bonus? Puntare anche e soprattutto sul layout del sito, in quanto tutte le informazioni devono essere semplici da trovare e non bisogna mai esagerare con le animazioni presenti.
Case Study: migliorare i CWV per aumentare le conversioni
A riguardo, sono numerosi i Case Study che possiamo portare come esempio per spiegare l’importanza concreta di lavorare sui Core Web Vitals. Come l’eCommerce che ha avviato un progetto di ottimizzazione mirato concentrandosi in particolare sul Largest Contentful Paint (LCP). Partendo da un LCP di 4,5 secondi, in soli 60 giorni ha portato questo valore a 2,1 secondi.
Il risultato? Un calo del bounce rate del 23%, segno chiaro che gli utenti hanno apprezzato la maggiore velocità e stabilità. Una percentuale che dimostra ancora una volta che investire nella user experience va ben al di là di un investimento tecnico: permette persino di dare una spinta al proprio business.
Conclusione: investi nella tua UX per crescere nel ranking
Dopo aver visto e approfondito i parametri dei Core Web Vitals, a questo punto appare chiaro che non stiamo parlando di un optional, bensì di una base tecnica per realizzare un sito che possa essere davvero competitivo sul lungo termine. Qualcosa su cui investire, non da considerare come “extra”.
Con una UX solida, è possibile osservare dei risultati concreti, quali un netto miglioramento della SEO ma anche dei vantaggi per il branding e di conseguenza per le conversioni. Così gli utenti non fuggiranno dal sito, ma, anzi, navigheranno alla ricerca dei prodotti e dei servizi che fanno al caso loro.
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